rinunzia alla procedura ex art. 2441, c.6, va fatta alla unanimità


 

Not. Maurizio Luraghi

mluraghi@notariato.it

 

E' applicabile l'art. 2441, c. 6, c.c. (che prevede il deposito della relazione giurata presso la sede sociale nei 15 giorni che precedono l'assemblea) in caso di aumento di capitale mediante conferimento in natura da parte di una Srl?

 

art. 2441, c. 6: Le proposte di aumento del capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, ai sensi del quarto o del quinto comma, devono essere illustrate dagli amministratori con apposita relazione, dalla quale devono risultare le ragioni dell'esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l'esclusione derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione.

La  relazione deve essere comunicata dagli amministratori al collegio sindacale almeno trenta giorni prima di quello fissato per l'assemblea.

Entro quindici giorni il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni.

Il parere del collegio sindacale e la relazione giurata dell'esperto designato dal presidente del tribunale nell'ipotesi prevista dal quarto comma devono restare depositati nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea e finché questa non abbia deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in borsa, anche dell'andamento delle quotazioni nell'ultimo semestre

 

L'art. 2495,c.c., richiama solo il primo comma dell'art. 2441: la dottrina ritiene che il rinvio si debba intendere operato anche al quarto comma.

 

In caso di risposta affermativa, ritenete che i soci all'unanimità possano rinunciare a tale deposito?

 

 


 

Ernesto Quinto Bassi

ebassi@notariato.it

 

Il lacunoso rinvio effettuato dall’art. 2495, c.c., al solo primo comma dell’art. 2441, c.c., ha creato non pochi dubbi e difficoltà pratiche.

 

art. 2441, c. 1: Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.

 

Pacifica l’applicabilità dell’attuale quarto comma dell’art. 2441, la cui ipotesi era prevista dal vecchio testo del primo comma del 2441, poi modificato dalla L. 216/1974, che ha omesso di aggiornare il rinvio del 2495, c.c.

 

art. 2441, c.4: Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura.

 

Dottrina e giurisprudenza si dividono circa l’applicabilità del sesto comma.

 

Se quest’ultima pare contraria alla sua applicazione (cfr. Trib. Viterbo 29.1.1997, App. Roma 21.4.1998, App. Trento 21.1.1998), la dottrina è, invece, favorevole (Piccolini, Bartolucci) ritenendo che se si ritiene applicabile il disposto del quarto comma non può non ritenersi applicabile anche il disposto del sesto in quanto ad esso complementare.

 

Come spesso accade ci si trova di fronte al dilemma se seguire le tesi di una valida e coerente dottrina oppure adeguarsi all’atteggiamento della giurisprudenza e scegliere la soluzione meno problematica: solo la sensibilità del professionista coinvolto può aiutarlo nella scelta.

 

Nel caso di risposta affermativa, trattandosi di una disposizione dettata per regolamentare il diritto di opzione, che è diritto personale di ciascun socio, e non nell’interesse della società, ritengo che sia necessaria una delibera all’unanimità di un’assemblea totalitaria per poter rinunciare validamente alle cautele in essa previste.

 

 


 

Not. Turchetta Dott.Paolo

pturchetta@notariato.it

16.06.2001

 

La X Spa deve aumentare il capitale sociale mediante il conferimento di un immobile da parte di uno dei soci, nella specie il presidente del consiglio di amministrazione.

Il capitale è diviso tra il socio conferente (35%) ed altri due soci (65% complessivo).

 

In base al disposto del dell'art. 2441, c. 5, c.c., è escluso il diritto di opzione da parte dei soci non conferenti  ma poichè l'operazione viene fatta con il consenso unanime si intende rinunciare alla procedura prevista dal sesto comma dell'art. 2441 ed emettere le nuova azioni ad un prezzo pari al loro valore nominale e senza imposizione di un sovrapprezzo,  per il quale non esistono le condizioni considerato che la società ha iniziato di recente ad operare.

 

In una nota di commento (Riv. not. 1/2000 a firma di Stefano Bartolucci) ad una sentenza della Corte di Appello di Roma del 21.04.1998, che aveva stabilito l'inapplicabilità alla Srl del disposto del sesto comma dell'art 2441, l'autore afferma che: "Merita accoglimento la tesi di chi collega il disposto del comma 6  alla disciplina del diritto di opzione e non alle regole dettate per i conferimenti in natura dal momento che la ratio dell'art. 2441 comma 6 è quella di tutelare i soci esclusi dalla possibilità di esercitare il diritto di opzione e non tutelare i terzi o i soci conferenti denaro".

 

E' possibile quindi rinunziare in blocco alla procedura in questione ?

Nel caso di risposta positiva occorrerebbe comunque una situazione patrimoniale per giustificare la mancata imposizione di un sovrapprezzo  o è sufficiente il consenso dei soci ? 

 

 


 

Not. Riccardo Genghini

rgenghini@notariato.it

17.06.2001

 

 

Secondo l'insegnamento della Scuola del Notariato della Lombardia, è preferibile la tesi secondo cui il consenso di tutti i soci sia sufficiente e superi la procedura di cui all'art. 2441, c.c., essendo questa – sì - norma imperativa, ma il relativo diritto alla azione di anullamento non è indisponibile da parte dei singoli titolari.

In tal senso anche la prassi onoraria nel distretto di Milano.

 

Gli orientamenti di dottrina ed i provvedimenti di giurisprudenza oscillano fra la tesi più liberale e l'orientamento restrittivo, secondo cui la procedura è comunque inderogabile dato che è posta a salvaguardia della corretta informazione dei soci, presupposto irrinunciabile al fine di potere validamente disporre del proprio diritto patrimoniale.  

 

Poichè però il diritto di opzione non è materia riservata alla assemblea, bensì diritto del singolo socio, la tesi sembra provare troppo.

 

 


 

Ernesto Quinto Bassi

ebassi@notariato.it

20.06.2001

 

Concordo con la tesi che intravede nel  sesto comma  dell’art. 2441, c.c., una disposizione dettata a tutela di un interesse personale del singolo socio (il diritto di opzione è diritto personale del socio) e non ho problemi ad ammettere che ogni socio possa rinunziarvi esprimendo il proprio parere in tal senso in una assemblea totalitaria che deve concludersi con un verbale all’unanimità per escludere in blocco la procedura.

 

Per quanto riguarda, invece, la mancanza di un sovrapprezzo sulle azioni di nuova emissione per le quali è stato escluso il diritto di opzione, ritengo che sia quantomeno opportuno cautelarsi richiedendo la redazione di  una situazione patrimoniale dalla quale risulta senza equivoci che non si intendono sacrificare gli interessi della società (tali sono infatti gli interessi che giustificano il sovrapprezzo).